Skip to main content

Capita spesso che l’immobile di un condòmino venga danneggiato da infiltrazioni d’acqua provocate da rottura di tubazioni condominiali o, in generale, da strutture comuni dell’edificio.

Le cause delle infiltrazioni possono essere le più svariate e, a volte, non sono facilmente individuabili senza l’ausilio di approfonditi accertamenti tecnici.

Si spiega, allora, la moltitudine di casi giurisprudenziali in tema di infiltrazioni.

Il caso che di recente si è trovato ad affrontare il Tribunale di Pisa (sentenza n. 1288/2023) riguarda le infiltrazioni provenienti dalle fondazioni dell’edificio condominiale.

Infiltrazioni provenienti dalle fondazioni dell’edificio condominiale. Fatto e decisione

La locatrice di un immobile posto al piano seminterrato di un fabbricato condominiale conveniva in giudizio il condominio nonché i singoli condòmini al fine di ottenere l’accertamento della responsabilità ex art. 2051 c.c. dei convenuti in relazione ai danni subiti dall’immobile condotto in locazione a causa delle infiltrazioni provenienti dalle fondazioni nonché al fine di ottenere la condanna dei convenuti medesimi al risarcimento del danno.

A sostegno della domanda, l’attrice deduceva che nell’immobile da lei condotto in locazione svolgeva attività fisioterapica e di riabilitazione funzionale, anche attraverso lo specifico impiego di una piscina; che le infiltrazioni provenienti dallo scannafosso e dal sottosuolo condominiale avevano provocato un rigonfiamento sul fondo del telo della piscina che l’avevano costretta ad interrompere le attività ivi svolte onde svuotare la piscina e permettere l’intervento di ditte specializzate per la riparazione.

Deduceva che le problematiche erano state più volte comunicate al condominio, al quale l’attrice aveva altresì inoltrato richiesta di risarcimento del danno subito a causa dell’interruzione della propria attività; risarcimento negato dall’assemblea condominiale.

Rappresentava, altresì, che successivamente l’assemblea condominiale aveva deliberato l’esecuzione dello scavo di quattro pozzi drenanti ma che tuttavia l’intervento era stato rimandato a causa della mancata approvazione da parte del condominio del preventivo completo.

Sicché, il condominio, resosi solo tardivamente conto della gravità della situazione, aveva promosso nei confronti del costruttore, un ricorso per accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.p.c., che aveva confermato come i danni subiti dall’immobile condotto in locazione dall’attrice fossero dovuti alle infiltrazioni d’acqua dallo scannafosso e dal sottosuolo.

Si costituiva in giudizio il Condominio il quale, a sostegno delle proprie ragioni, deduceva che il danno lamentato dall’attrice non era causalmente riconducibile ai vizi e difetti di costruzione dell’edificio condominiale, ma discendeva dall’errata costruzione della piscina, la quale era avvenuta dopo l’edificazione dell’edificio e su commissione dell’attrice e o della proprietaria dell’immobile condotto in locazione. Contestava, altresì, la quantificazione del danno operata dall’attrice.

Si costituiva, altresì, la società costruttrice del fabbricato, anch’essa condomina, mentre rimanevano contumaci gli altri condòmini convenuti.

Contrariamente a quanto accertato dal ctu nel giudizio di istruzione preventiva, il Tribunale riteneva che i danni riportati dalla piscina fossero eziologicamente riconducibili ad infiltrazioni provenienti dal sottosuolo.

A tale conclusione il giudice perveniva sulla base delle risultanze tecniche dei consulenti di parte nonché sulla base della relazione tecnica dell’ausiliario del Giudice in altra causa avente il medesimo oggetto introitata da un altro condomino nei confronti del condominio.

Tutti i predetti accertamenti tecnici concordavano sul fatto che i danni riportati dalla piscina fossero riconducibili alle infiltrazioni d’acqua provenienti dalla platea di fondazione.

Il Tribunale, pertanto, accoglieva la domanda dell’attrice avendo assolto l’onere della prova (in punto di an) imposto al danneggiato dall’ art. 2051 c.c. e non avendo, invece, il danneggiante provato il fatto impeditivo costituito dal caso fortuito.

Con riferimento al quantum del risarcimento del danno, il Tribunale riconosceva all’attrice il mancato guadagno, gravante sul condominio, determinato dall’impossibilità di svolgere l’idroterapia nel periodo in cui l’uso della piscina era stato interrotto.

Considerazioni conclusive

Il suolo su cui sorge il fabbricato condominiale rientra, ai sensi dell’art. 1117 c.c., tra le parti comuni dell’edificio.

L’art. 1117 stabilisce, infatti, una presunzione di comunione e deve intendersi per suolo quella porzione di terreno sulla quale poggia l’intero edificio (Cass., sent. 6 novembre 1971, n. 3139; sent. 28 maggio 1998, n. 3663 e sent. 29 giugno 1985, n. 3882).

Pertanto, rientrano in tale nozione la superficie sulla quale poggia il pavimento del pianterreno e l’area dove sono infisse le fondazioni (Cass., sent. 22 marzo 1996, n. 2469; sent. 23 luglio 1994, n. 6884; sent. 27 aprile 1993, n. 4934 e sent. 17 agosto 1990, n. 8376).

Per sottosuolo deve intendersi la porzione di terreno sottostante al piano di appoggio del fabbricato e nella quale insistono le fondazioni del fabbricato stesso.

Per fondazioni si intendono tutte le opere murarie interrate aventi finalità di sorreggere l’edificio, trasmettendone il peso al suolo. Rientrano in questa categoria tutte quelle opere di sostegno e consolidamento del sottosuolo nonché quelle opere utili ad allontanare le acque sotterranee dalle strutture portanti.

In tal senso, vi rientra lo scannafosso che è un’intercapedine creata attorno al perimetro della fondazione di un edificio che separa quest’ultimo dal terreno. La sua funzione è di isolare le pareti di locali interrati e seminterrati, di arieggiare la fondazione ed impedire la formazione di umidità di risalita che potrebbe raggiungere facilmente anche i pani fuori terra e compromettere la stabilità del l’edificio, oltre che la salubrità dei locali in danno di locali stessi e degli abitanti.

Ne deriva che il sottosuolo, va considerato di proprietà comune in mancanza di un titolo, che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini, avuto riguardo alla funzione di sostegno che contribuisce a svolgere per la stabilità del fabbricato (Cassazione 24 ottobre 2006, n. 22835; Cassazione 9 marzo 2006, n. 5085; Cassazione 28 aprile 2004, n. 8119; Cassazione 11 novembre 1986, n. 6587; Cassazione 15 febbraio 2008, n. 3854).

In generale può dirsi che l’art. 1117 del Codice civile stabilisce una presunzione di comproprietà sulla porzione di terreno sulla quale poggia l’intero edificio: in tale nozione rientrano la superficie e tutta l’area sottostante sulla quale poggia il pavimento del pianterreno, e non solo l’area sulla quale sono infisse le fondazioni dello stabile.

Ciò in applicazione del consolidato principio della giurisprudenza in forza del quale si ritiene che l’intercapedine esistente tra il piano di posa delle fondazioni di un edificio condominiale, che costituisce il suolo di esso, e la prima soletta del piano interrato, se non risulta diversamente dai titoli di acquisto delle singole proprietà, ed anzi in quelli del piano terreno e seminterrato non è neppure menzionata tra i confini, è comune, in quanto destinata alla aerazione o coibentazione del fabbricato (Trib. Taranto 31 ottobre 2019, n. 2715).

In caso di infiltrazioni, il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all’art. 2051 del Codice civile, dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini.

In tal senso, il Condominio, essendo proprietario e dunque custode della platea di fondazione nonché dell’intercapedine su cui insiste la soletta del piano interrato, è responsabile delle infiltrazioni cagionate dai beni comuni ai sensi dell’art. 2051 del Codice civile (responsabilità oggettiva in relazione alle situazioni connesse alla struttura o alle pertinenze della res in custodia) (cfr. Trib. Roma sent. n. 1673 del 1° febbraio).

Anche in capo al conduttore di un immobile facente parte di un fabbricato condominiale, sussiste il diritto alla tutela risarcitoria nei confronti del condominio per i danni derivanti dalle infiltrazioni provenienti dalle fondazioni e o dallo scannafosso dell’edificio.