l bed and breakfast è una struttura ricettiva di larga, larghissima diffusione. Che si tratti di una stanza nell’abitazione di chi la vive o un appartamento dedicato è frequentissimo trovare simili strutture in ambito condominiale.
Uno dei problemi che sovente viene posto – oltre quello del divieto di svolgere l’attività in esame – è la possibilità di aumentare le spese ai condòmini che gestiscono un bed and breakfast in condominio. Il quesito che ci viene posto da un nostro lettore ci consente di affrontare l’argomento, anche sotto una prospettiva particolare, ossia l’accordo tra condominio e singolo condomino. Qui di seguito, fatto e quesito:
“Buonasera redazione. Avrei una domanda per voi. Gestisco un bed and breakfast in condominio. La casa che ho adibito all’attività, confinante con la mia, è al quarto piano. I miei vicini ritengono che debba pagare una quota maggiore per via del maggior uso di ascensore e scale.
In astratto sarei anche d’accordo, ma loro ritengono che questo surplus lo possa decidere l’assemblea, mentre io ritengo che debba esserci un accordo. Preciso che il nostro regolamento è di natura contrattuale, ma nulla dice in merito alle spese maggiorate in presenza di bed and breakfast.“
La questione necessita di alcuni chiarimenti che proveremo a dar qui di seguito.
Quali regole bisogna seguire o quali sono i presupposti per concedere ai turisti il proprio appartamento in condominio senza avere problemi con gli altri
Bed and breakfast in condominio, il contenuto del regolamento contrattuale
Il regolamento è una sorta di statuto del condominio, ossia un insieme di regole che ne disciplina il funzionamento.
Il regolamento, se di natura contrattuale, può limitare il diritto dei singoli sulle cose comuni e sulle parti in proprietà esclusiva. Non solo: il regolamento se approvato con il consenso di tutti i condòmini, e poi successivamente accettato dai loro aventi causa, può prevedere una modalità di suddivisione delle spese differente da quella prevista dalla legge. Si tratta del così detto criterio di riparto convenzionale.
Riguardo a tale argomento, la Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare che “in materia di condominio, è valida la disposizione del regolamento condominiale, di natura contrattuale, secondo cui le spese generali e di manutenzione delle parti comuni dell’edificio vanno ripartite in quote uguali tra i condomini, giacché il diverso e legale criterio di ripartizione di dette spese in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascun condomino (art. 1123 c.c.) è liberamente derogabile per convenzione (quale appunto il regolamento contrattuale di condominio), né siffatta deroga può avere alcuna effettiva incidenza sulla disposizione inderogabile dell’art. 1136 c.c. ovvero su quella dell’Art.69 disp att cc in quanto, seppure con riguardo alla stessa materia del condominio negli edifici, queste ultime disciplinano segnatamente i diversi temi della costituzione dell’assemblea, della validità delle deliberazioni e delle tabelle millesimali; v., anche, Cass., n. 898 del 1984)” (Cass. 7 ottobre 2013, n. 22824).
Non è necessario che il regolamento contrattuale indichi specificamente che le spese inerenti ad un bed and breakfast possano essere ripartite in deroga ai criteri legali, ma è sufficiente che sia prevista una possibilità di deroga.
Bed and breakfast in condominio, maggiori spese e possibilità di un accordo condominio – condomino
La questione che il nostro lettore ci pone può avere anche una lettura differente da quella tradizionale, ossia: è possibile ipotizzare un accordo, una sorta di contratto anche semplicemente con funzione transattiva, tra il condòmino ed il condominio nel quale viene deciso l’addebito di un maggior costo al singolo in ragione dell’attività (in questo caso) di bed and breakfast?
Per rispondere è utile fare riferimento alla giurisprudenza in materia di transazione. Prima di farlo, rammentiamo che la transazione, ai sensi dell’art. 1965 c.c., è il contratto per mezzo del quale “le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro“. È fondamentale, dunque, che vi sia una lite, anche solo potenziale. Ciò, evidentemente deve essere oggetto di valutazione di volta in volta.
Qualora l’assemblea decidesse di transigere un’eventuale lite insorgenda potrebbe farlo a maggioranza. In tal senso, la Corte di Cassazione ha affermato che “in tema di condominio negli edifici, ai sensi dell’art. 1135 c.c., l’assemblea può deliberare a maggioranza su tutto ciò che riguarda le spese d’interesse comune e, quindi, anche sulle transazioni che a tali spese afferiscano, essendo necessario il consenso unanime dei condomini, ai sensi dell’art. 1108 c.c., comma 3, solo quando la transazione abbia ad oggetto i diritti reali comuni (v. tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 821 del 16/01/2014 (Rv. 629340; Sez. 2, Sentenza n. 4258 del 24/02/2006 Rv. 587176)” (Cass. 25 gennaio 2016 n. 1234).
Quest’affermazione di principio va graduata alla luce del contenuto dell’art. 1123, primo comma, c.c. a mente del quale ogni modifica dei criteri legali di riparto delle spese deve essere approvata da tutti i condòmini (questo il significato della diversa convenzione cui fa riferimento la norma).
Ad avviso di chi scrive, ove l’accordo transattivo preveda una modalità di riparto più vantaggiosa per tutti i condòmini e più gravosa solo per l’altro comproprietario, in questo caso controparte del condominio, sarà sufficiente l’assenso di questi. Sia ben inteso: in tale circostanza la minor somma gravante sul condominio dovrà comunque essere suddivisa trai condòmini secondo i criteri di legge.
Bed and breakfast in condominio, conta sempre l’uso potenziale
In mancanza di qualunque forma di accordo tra le parti, è bene ricordare che i criteri legali delle spese inerenti all’uso delle cose comuni, quali ad esempio i costi d’uso indiretti e quelli derivati (manutenzione) tengono in considerazione gli usi potenziali ritraibili dai beni.
In tal senso è stato affermato che la ripartizione delle spese di cui al secondo comma dell’art. 1123 c.c. fatta “in misura proporzionale non già al valore della proprietà di ciascun condomino ma all’uso che ciascun condomino può fare di una determinata cosa comune – riguarda il caso in cui la cosa comune (più esattamente il servizio comune) sia oggettivamente destinata a permettere ai singoli condomini di goderne in misura diversa (inferiore o superiore al loro diritto di comproprietà sulle parti comuni); e, a tal fine, si deve avere riguardo all’uso che ciascun partecipante può farne, cioè al godimento potenziale e non al godimento effettivo, e, quindi, non all’uso che effettivamente ne faccia o non ne faccia” (Cass. n. 13161 del 1991).
In sintesi: al netto del contenuto del regolamento vigente nel condominio, elemento che andrà valutato in concreto, egli potrà concludere un accordo in materia di spese, mentre l’assemblea non può decidere autonomamente il da farsi.